I Patriarchi
Essi vagarono per 40 anni nel deserto del Sinai, dove furono forgiati in nazione e dove ricevettero la Torà (il Pentateuco), nella quale si trovano i Dieci Comandamenti, che venne a dare forma e contenuto al loro credo monoteista.
L’esodo
dall’Egitto (1300 circa a.E.V.) lasciò un segno indelebile nella memoria
nazionale del popolo ebraico e divenne un simbolo universale di libertà e
indipendenza. Ogni anno gli Ebrei celebrano le festività di Pesach (la Pasqua
ebraica), Shavuot (la Pentecoste) e Succot (la Festa dei Tabernacoli o delle
Capanne), che commemorano avvenimenti di quei tempi.
Nel corso dei due
secoli successivi, gli Israeliti conquistarono gran parte della Terra
d’Israele, abbandonarono la vita nomade per diventare agricoltori ed artigiani;
a questo seguì un certo grado di consolidamento economico e sociale. Tempi di
pace relativa si alternarono a periodi di guerre durante i quali il popolo si
radunava intorno a guide note sotto il nome di “giudici”, scelti sia per le loro
abilità politiche e militari che per le loro qualità di condottieri.
La debolezza
intrinseca a tale organizzazione tribale di fronte al pericolo posto dai
Filistei (popolo del mare proveniente dall’Asia Minore che si insediò sulla
fascia costiera mediterranea del paese), generò la necessità di un capo che
unisse le tribù e che facesse del suo incarico una istituzione permanente,
trasmessa per via ereditaria.
La Monarchia
Il primo re, Saul
(1020 circa a.E.V.), regnò in un periodo che fece da ponte fra l’abbandono
dell’organizzazione tribale e l’istituzione di un regime pienamente monarchico
sotto il suo successore, Davide.
Il re Davide
(1004-965 circa a.E.V.), fece di Israele una delle maggiori potenze nella
regione, tanto per mezzo di spedizioni militari di successo e fra queste la
definitiva sconfitta dei Filistei, quanto attraverso la creazione di una rete
di alleanze amichevoli con regni limitrofi. Di conseguenza, la sua autorità
venne riconosciuta dai confini con l’Egitto ed il Mar Rosso, fino alle rive
dell’Eufrate. All’interno della nazione egli riunì le dodici tribù israelite in
un solo regno e pose la sua capitale, Gerusalemme, e la monarchia, al centro
della vita nazionale del paese. La tradizione biblica descrive Davide come
poeta e musicista, attribuendogli versi che compaiono nel Libro dei Salmi.
A Davide successe
il figlio Salomone (965-930 circa a.E.V.), il quale rafforzò ulteriormente il
regno. Per mezzo di trattati con regni vicini, cementati da matrimoni a scopi
politici, Salomone assicurò la pace al suo regno, ponendolo alla pari delle
grandi potenze di quell’epoca. Egli ampliò il commercio con l’estero e promosse
la prosperità economica del paese sviluppando grandi imprese, quali
l’estrazione del rame e la fusione dei metalli, costruendo contemporaneamente
nuove città e fortificando le vecchie che avevano importanza strategica ed
economica.
L’apice del suo
operato fu rappresentato dalla costruzione del Tempio di Gerusalemme, che
divenne il centro della vita nazionale e religiosa del popolo ebraico. La
Bibbia attribuisce a Salomone il Libro dei Proverbi e il Cantico dei Cantici.
I Profeti
Dotti religiosi e
figure carismatiche, considerati dotati del dono divino della rivelazione,
predicarono nel periodo della monarchia, fino ad un secolo dopo la distruzione
di Gerusalemme (586 a.E.V.).
Tanto in qualità
di consiglieri dei re su questioni di religione, etica e politica, quanto in
veste di loro critici sotto il primato del legame esistente fra individuo e
Dio, i Profeti furono guidati dalla necessità di giustizia e scrissero energici
commentari sulla moralità della vita nazionale ebraica. Le loro esperienze
rivelatrici furono registrate in libri di prosa e poesia di alta ispirazione,
molti dei quali vennero incorporati nella Bibbia.
Il duraturo e
universale appello dei profeti deriva dal loro richiamo a una considerazione
fondamentale dei valori umani. Parole come quelle di Isaia (1,17) - “Imparate a
fare il bene, dedicatevi alla giustizia, aiutate colui che ha subito un torto,
sostenete i diritti degli orfani e difendete la causa della vedova” –
continuano ad alimentare la ricerca umana della giustizia sociale".
Monarchia divisa
La fine del regno
di Salomone fu guastata dallo scontento di quella parte di popolazione sulla
quale ricadeva il peso dei suoi ambiziosi progetti. Allo stesso tempo, il
trattamento preferenziale verso la propria tribù esacerbò le altre, provocando
un crescente antagonismo fra la monarchia e i separatisti delle tribù.
Dopo la morte di
Salomone (930 a.E.V.) un’aperta insurrezione portò al distacco delle dieci
tribù del nord e alla divisione del paese in un regno del nord, Israele, ed un
regno del sud, Giuda, situato nel territorio delle tribù di Giuda e di
Beniamino.
Il Regno
d’Israele, la cui capitale era Samaria, durò oltre 200 anni sotto diciannove
re, mentre il Regno di Giuda fu governato da Gerusalemme per 350 anni da un
pari numero di sovrani della stirpe di Davide. L’espansione degli imperi Assiro
e Babilonese portò prima Israele e successivamente Giuda sotto il controllo
straniero.
Il Regno
d’Israele fu schiacciato dagli Assiri (722 a.E.V.) e la sua popolazione
deportata in esilio e nell’oblio. Oltre cento anni più tardi, Babilonia
conquistò il Regno di Giuda esiliando la gran parte dei suoi abitanti e
distruggendo Gerusalemme ed il suo Tempio (586 a.E.V).
Il Primo Esilio
(586-538 a.E.V.)
La conquista
Babilonese pose fine al periodo del Primo Tempio, ma non recise il legame del
popolo ebraico con la Terra d’Israele. Risiedendo sulle sponde dei fiumi di
Babilonia, gli Ebrei si impegnarono solennemente a ricordare la loro patria:
“Se ti
dimenticherò, o Gerusalemme, dimentichi la mia destra; mi si attacchi la lingua
al palato se cesserò di ricordarti, se non porrò Gerusalemme al di sopra di
ogni mia più grande gioia” (Salmi 137,5-6).
L’esilio in
Babilonia, il quale seguì alla distruzione del Primo Tempio (586 a.E.V.), segnò
l’inizio della Diaspora ebraica. Fu là che l’Ebraismo iniziò a sviluppare una
struttura religiosa e un modo di vita che potessero aver luogo fuori della
Terra, assicurando in definitiva la sopravvivenza nazionale del popolo e la sua
identità spirituale impregnandolo di sufficiente vitalità da mettere al sicuro
il suo futuro come nazione.